Fotografie di
Lorenzo Zerbini
Testi di
Lorenzo Zerbini
Editing di
Simone La Penna
Categoria
Alleanze
Corto-circuiti
Ombre latenti
Data di pubblicazione
19 Marzo 2023
Herbarium
Introduzione alla serie: ALLEANZE indaga le possibili permutazioni e i rivolgimenti insperati di unioni che saremmo tentati di derubricare come condannate aprioristicamente al fallimento e alla rovina. Ma a emergere sono, invece, alleanze interspeciste che provano progressivamente a riallacciare un rapporto con l’umano, alleanze concettuali tra tecniche passate e prospettive post-umane proiettate verso il futuro, alleanze tra narrazioni fisico-visuali dall’impellente materialità e soggetti che mettono in crisi il rapporto tra realtà e immaginazione, presenza e assenza, spettatori e opere scrutate.
Herbarium si presenta come il simulacro di un ipotetico erbario, recuperando un’antica metodologia tassonomica di riproduzione proto-fotografica, e in particolar modo gli sporadici ma peculiari tentativi di dare forma a piante magiche o ancora non pienamente conosciute, nonostante la qualità scientifica di tali volumi illustrati.
In Herbarium la cianotipia viene sfruttata specificamente in quanto tecnica di impressione a contatto, che determina una conseguente riproduzione 1:1 del soggetto, e che dovrebbe quindi conferire un dato di realtà all’immagine. In contrasto a questa presumibile oggettività, l’opera offre invece, paradossalmente, cianotipie dall’apparenza incongrua di piante immaginifiche, ibride e artificiali. Organismi futuribili trans-organici creati giustapponendo alla pianta, durante il processo di impressione, lame, spilli, aghi, forbici e coltelli, sfumando in questo modo i confini tra l’organico e l’inorganico, tra dato e mito, tra realtà e finzione.
Sulla carta si formano così nuove e ambigue morfologie pseudo-vegetali che vogliono rivendicare la qualità reattiva e trasformativa della natura, in opposizione all’indifferenza ontologica dello sguardo antropocentrico, che ha relegato il regno vegetale ad uno stato di tacita e invisibile passività.
Herbarium è un’opera che gioca su profonde contraddizioni, che si diverte a scavalcare confini e ridefinire pratiche e modalità di significazione: un medium fotograficamente antico per scrutare evoluzioni biologiche futuribili; una rappresentazione storicamente applaudita per la sua fedeltà assoluta al reale sfruttata per mostrarci ibride irrealtà; la fusione non solo di corpi organici e corpi inorganici, ma soprattutto di piante con gli stessi strumenti che dovrebbero tagliarle, potarle, limitarle. Ma le cianotipie di questo erbario non interrogano le proprie di contraddizioni, piuttosto assimilano le nostre in quanto specie, per restituircele in un crescendo di interrogativi a cui, fatalmente, non abbiamo una risposta.
Nell’inconsapevole conferma della validità delle loro accuse, ci accostiamo a queste riproduzioni fiduciosi nella loro innocuità e innocenza, in una ferrea miopia che non ci consente di vedere nient’altro che una vegetale mancanza di agentività: ci si accorge sempre troppo tardi di cosa siano veramente composte, di cosa si siano armate; e fragoroso è l’infrangersi delle nostre certezze speciste. Quello che rimane non è più solo un senso di perturbante insicurezza, ma soprattutto la consapevolezza di dovervi convivere. Herbarium usa forme antiche, ma ci sussurra il futuro.