Fotogramma da L’etoile de mer, Man Ray, 1928
Paul Verlaine, Mille e tre (in Hombres, 1903)
I miei amanti non sono delle classi ricche:
sono operai dei sobborghi o di campagna,
i loro quindici o vent’anni alla buona non sono avari
di modi assai brutali e grossolani.
Me li godo in abito di lavoro, giacca e giubba;
non profumano d’ambra e odorano di salute
pura e semplice; il loro passo un po’ greve, è veloce
tuttavia, perché giovane, e grave nell’elasticità;
i loro occhi franchi e scaltri crepitano di malizia
cordiale e parole ingenuamente astute
escono non senza il sapore d’una gaia bestemmia
dalla bocca freschissima dai solidi baci;
il loro cazzo vigoroso e le gioiose chiappe
deliziano la notte il mio uccello e il mio culo;
sotto la lampada e all’alba le loro carni gioiose
resuscitano la mia stanca voglia, mai vinta.
Cosce, anime, mani, tutto il mio essere alla rinfusa,
memoria, piedi, cuore, schiena e l’orecchio e il naso,
la coratella, tutto sbraita un ritornello
e fa un gran baccano tra le loro braccia forsennate.
Un baccano, un ritornello, entrambi pazzi,
e piuttosto divini che infernali, più infernali
che divini, che mi ci perdo, e nuoto e volo
nel loro sudore e nel loro respiro, in quei balli.
I miei due Charles: uno, giovane tigre con occhi di gatta,
sorta di cherichetto che cresce da soldataccio;
l’altro, un fiero pezzo d’uomo, bello sfrontato che si fa stupire
solo dalla mia discesa vertiginosa verso il suo dardo.
Odilon, un monello, già piantato come un uomo,
i suoi piedi amano i miei appassionati dei suoi alluci
ancor meglio, ma non più che del resto insomma
adorabile in tutto, ma i suoi piedi ineguagliabili!
Carezzevoli, fresco raso, delicate falangi
sotto le piante, intorno alle caviglie
sulla venosa inarcatura, e quegli strani baci
così dolci, di quattro piedi con anima, sicuro!
E poi Antonio, dal cazzo proverbiale,
lui, mio re trionfale e mio supremo Dio,
che mi consuma il cuore con la pupilla azzurra,
e il mio culo col suo spiedo spaventoso;
Paul, atleta biondo dai superbi pettorali,
bianco petto dai duri capezzoli succhiati
come la buona punta; François agile come un fascio d’erba:
le sue gambe di ballerino, e che bel mazzuolo!
Auguste che diventa più maschio di giorno in giorno
(com’era carino quando ci capitò di farlo!);
Jules, un po’ puttana nella sua pallida bellezza;
Henri, miracoloso coscritto che, ahimè! se ne va;
e tutti voi! in fila o alla rinfusa, in banda
o soli, visione così netta dei giorni passati,
passioni del presente, futuro che cresce e si rizza,
amati innumerevoli che non bastate mai!
(1891)
“L’âme y prend un bain de paresse, aromatisé par le regret et le désir. – C’est quelque chose de crépuscolaire, de bleuâtre et de rosâtre ; un rêve de volupté pendant une éclipse.”
“Ô béatitude! ce que nous nommons généralement la vie, même dans son expansion la plus heureuse, n’a rien de commun avec cette vie suprême dont j’ai maintenant connaissance et que je savoure minute par minute, seconde par seconde.”
“Horreur! je me souviens! je me souviens! Oui! ce taudis, ce séjour de l’éternel ennui, est bien le mien. Voici les meubles sots poudreux, écornés; la cheminée sans flamme et sans braise, souillée de crachats; les tristes fenêtres où la pluie a tracé des sillons dans la poussière; les manuscrits; raturés ou incomplets; l’almanach où le crayon a marqué les dates sinistres!”
“Oui! le Temps règne; il a repris sa brutale dictature. Et il me pousse, comme si j’étais un bœuf, avec son double aiguillon.”
Charles Baudelaire, La chambre double, in Le spleen de Paris