Testi di
Jacopo Abballe
Copertina di
Andrei Costantino Cuciuc
Editing di
Andrea Ferraiuolo
Categoria
Materialismi
Passaggi viscerali
Data di pubblicazione
7 Maggio 2023
Contro la verginità del libro
Introduzione alla serie: MATERIALISMI è un cortocircuito viscerale che indaga, sul piano materiale prima che concettuale, i vari rapporti che vi sono fra l’umano e l’oggetto cultura, qui materialismo librario, che ammette e poi smentisce, dichiara e poi si accusa, per il suo nevrotico-schizo-feticismo per il sentimento verso il libro, per la verginità del libro o per la sverginità del libro.
Io ho capito che stavo a sbaglia’ tutto nella
mia vita quando, a casa di una delle mie
ex, vado al bagno e trovo accanto al cesso,
sopra a Topolino… Così parlo Zarathustra.
L’amico di un mio amico
Quello che i frequentatori dei vari Feltrinelli e Mondadori non potranno mai capire è la vertigine del brutto. Intendo il brutto dei libri usati, polverosi, spiegazzati e accatastati in mucchi senza senso – magari insieme ad oggetti di altra natura e materiale. Forse in alcune rare occasioni, questi lettori a modo, questi lettori perbene (chi ci dice poi che siano veri lettori e non semplici acquirenti?) si saranno ritrovati a vivere la vertigine di cui parlo, ma senza coglierne la profonda bellezza. Avranno subito la vertigine del brutto con sofferenza, come colti da una nausea stordente. È arrivato invece il momento di riconoscerne il valore sovversivo e di abbracciarla con trasporto totale.
C’è chi gode passando il dito su un volume intonso e fresco di pubblicazione, e chi addirittura perde tempo ad accarezzare i libri, come se questi avessero bisogno di cure. Bisogna diffidare da questi materialisti librari: sono loro gli unici ad aver bisogno di cure. Non è certo difficile immaginare il piacere che si scatena in chi sente di toccare la perfezione, ma nulla può essere paragonato all’ebbrezza dello schifo. I libri di prima mano mi sembrano inumani e freddi: il leggero odore di nuovo che emanano non è altro che un odore di morte. Il puzzo di vecchio, invece, e cioè della polvere e della muffa che negli anni si sono raccolti e sviluppati su un libro, ci testimoniano il suo trascorso. Quel libro è stato usato, è già stato. E noi possiamo ridargli vita. I feticisti che curano la propria biblioteca con ordine maniacale e ridicola dolcezza (i più irrecuperabili sono quelli che non aprono del tutto le pagine di un volume per non vedere delle pieghe irregolari comparire sulla costina) sono più vicini alla figura di un becchino. Peggio: sono dei necrofili. E si illudono di rapportarsi con dei cadaveri perfetti. Ma perché ricercare l’esperienza sempre ingannevole della perfezione quando possiamo godere davvero della merda?
I mercatini dell’usato – così come le bancarelle per strada – sono il luogo in cui il brutto sopravvive in qualsiasi forma e colore. Si tratta di realtà anarchiche e sublimi dove non solo è possibile trovare di tutto, ma dove i singoli elementi assumono forme inaspettate, sì vecchie e superate, ma ai nostri occhi sempre nuove. Il mercatino ideale è semplicemente il luogo in cui tutto è possibile, anche per chi ha un budget di 70 centesimi. E proprio qui, un libro che si conosceva solo nell’ultima edizione Einaudi, può essere reperito nella sua edizione economica degli anni ’80, con la copertina piegata e un insetto morto tra pagina 134 e 135. Il piacere di scoprire e di godere delle edizioni più improbabili è riservato a chi adora spontaneamente il trash, il cattivo gusto o, più in generale, lo schifo. In questo senso, i ricercatori più seri non sono quelli che ignorano l’estetica del brutto, che sopportano il puzzo di piscio di certe bancarelle, o che hanno la pazienza di scavare tra quarantotto copie di Tutte le barzellette su Totti con la speranza di trovarvi quel rarissimo volume di poesia avanguardista francese. No. I ricercatori più nobili sono quelli che godono di tutto questo: sono colti da un’eccitazione sensuale scatenata dal cattivo gusto di certe copertine, respirano a pieni polmoni il tanfo di escrementi, e intanto, mentre scavano in cerca di quel raro volume, un libro di barzellette se lo comprano pure.
C’è poi un’altra questione. Che bello entrare alla Feltrinelli e sapere subito come orientarsi. I libri di Galimberti nella saggistica. Più in particolare nella sezione dedicata alla Filosofia. E più in particolare alla lettera G. Qualche libro di Galimberti, poi, compare nella sezione di Psicologia, perché appunto rientra più nell’ambito psicoanalitico che non in quello filosofico. Bello poter trovare tutto così, senza impegno. I romanzi della Jackson nella sezione horror e i testi di Eco tra quelli di critica letteraria: i carciofi al reparto ortofrutticolo e i pelati dove stanno i sughi, al ripiano di sotto. E intanto loro scorrazzano tranquilli con i propri carrelli (o tote-bag). La Feltrinelli, come ogni libreria di catena, offre un ordine freddo e un rigore sistematico che non solo ci priva di qualsiasi sorpresa, ma che rinuncia a uno dei principi fondamentali della teoria trash: la commistione (si confronti con le teorie di Tommaso Labranca). I mercatini dell’usato più riusciti sono proprio quelli che non si preoccupano di catalogare, ordinare e ripulire, ma che presentano le cose così come capitano, in un grande caos che comprende tutto, dalle audiocassette di Gigione ai libri di Nietzsche, dai dvd di vecchie commedie sexy ai testi delle nuove teorie transfemministe. Io, per esempio, ho capito il valore della parola “sublime” quando, a una bancarella vicino Termini, ho trovato un bellissimo libro di Carver tra i dvd porno della CentoxCento. E non so, leggere un titolo come Di cosa parliamo quando parliamo d’amore vicino a quello di Occhio Pinocchio che non son finocchio ha fatto scattare in me qualcosa di profondo. L’idea che il mondo stesse girando al contrario. E che quella fosse la via da seguire.
Un’ultima questione, ma importantissima. Mi chiedo come facciano gli habitué delle librerie di catena, o peggio ancora i clienti di Amazon, a trovare tutto quello che cercano in questi megastore, quando buona parte della cultura occidentale è andata fuori catalogo da un pezzo. Ogni lettore-ricercatore ha un certo numero di libri segnato sulla sua lista dei desideri impossibili, quella dei titoli più rari e preziosi, dei libri mai più ristampati in Italia negli ultimi quarant’anni. E ogni volta, in queste liste, c’è sempre il più oscuro tra i pezzi introvabili, il Sacro Graal dell’editoria novecentesca. Quel libro di cui hai solo sentito parlare ma che non troverai mai. Se non magari a costo di sputtanarti quei miseri risparmi che hai messo insieme in tre anni di ripetizioni di italiano per pagare quel compagno di università di un amico di un tuo amico che dice di avere una prima edizione sopravvissuta all’Olocausto. Per carità, magari il libro lui ce l’ha davvero, ma una volta pagato dovrai campare a pane e acqua per sei mesi.
Eppure, lo abbiamo detto, il mercatino dell’usato è il luogo in cui tutto è possibile.
È una giornata uggiosa. Tu, studente fuori corso alla Sapienza e inarrestabile provincialotto del sud, sei appena passato per Piazza dei Cinquecento con il tuo bel borsone pieno di vestiti stropicciati e barattoli colmi di ragù imbottigliati da tua madre (o nonna). Il treno regionale è arrivato a Termini con un ritardo di 145 minuti; è chiaro che stia per piovere e tu hai tutta la fretta possibile. Ma, cascasse il mondo, non puoi prendere la metro a Termini come tutti i normodotati, perché vuoi prima passare davanti alle bancarelle di Repubblica. Perché “non si sa mai…” E proprio lì, sepolto in un mare di carta stampata, lo vedi. Ti avvicini con le gambe che ti tremano a quel chioschetto scassato, lasci cadere il borsone in testa a una bambina e procedi con le mani tese in avanti, come uno zombie. Rileggi il titolo per la quarta volta: non ci credi, è lui. È proprio lui. Lo tiri fuori da una pila altissima e instabile, che traballa inesorabile. Ti vedi cadere cento libri a copertina rigida sulla faccia. Una copia della Critica della ragion pura con testo tedesco a fronte ti spacca il setto nasale. Ma ora ce l’hai tra le mani. È il libro che hai cercato più a lungo, per tutta la città. È il libro che ti ha spinto a scavare nella cantina di un professore di estetica morto suicida e lo stesso per il quale hai pagato 30 euro un tipo su internet che sembrava affidabile, quando poi nella cassetta delle lettere ti sei ritrovato solo l’avviso di sfratto. È il libro che per un attimo hai pensato che non avresti mai letto, quello che stava per vincere la tua pazienza da speleologo, ma lo stesso che adesso puoi stringere tra le dita. E sei così felice di averlo trovato che non senti nemmeno l’indiano proprietario della bancarella, che ti sbraita addosso perché hai appena fatto precipitare metà del suo capitale su un marciapiede bagnato di fango e piscio. No, a te non frega un cazzo. Ti rigiri il libro tra le mani (e intanto le mani si insudiciano, si fanno grigie), lo apri, lo sfogli. E in ogni pagina sembra esserci scritto soltanto “Sì, esisto. Sarò tuo!” È un sogno. Non importa se inizia a piovere a dirotto, non importa se l’indiano ha già chiamato i suoi amici dello Sri Lanka per spezzarti le ossa, non importa se intanto la tua ragazza sta partorendo all’ospedale di Regina Margherita, perché tu ce l’hai fatta. E tutto il resto non ha importanza.
Poi controlli il prezzo: tre euro.
E allora un dubbio.
Ficchi una mano a scavare nella tasca dei jeans. Sul palmo ti ritrovi una moneta da cinquanta centesimi, un ansiolitico e il gettone per il carrello della spesa: è il mondo dell’impossibile che ti rivomita in quello triste e sempre uguale del reale.
Ti guardi intorno e vedi che gli indiani hanno delle catene.
Il sogno è finito, anche se per un attimo, per un lungo attimo, è stato bello. Ma bello davvero.
Un inno al marciume postindustriale della bancarella e del libro usato, ma anche alla ricerca fanciullesca della pepita d’oro nel garbuglio merdoso. Un inno alla cultura scomparsa e fuori catalogo, nonché all’illusione di una riesumazione. Il testo esalta tutto questo, ma soprattutto esalta un rapporto giocoso con la cultura. Il lettore è incitato a preservare quel principio primo che lo porta a comprare e leggere un libro, e che è l’essenza della cultura stessa: la curiosità. Un principio che, in epoca tardo-capitalista e iper-multimediale, si fa raro e inusuale, non senza problematiche di classe: la scomparsa della curiosità avverrebbe a causa dell’imborghesimento dell’individuo e quindi della perdita di contatto con un mondo più sporco e sincero. È però da chiarire una cosa: qui il termine “sporco” assume una connotazione morale. La sporcizia di cui tratta l’autore ha a che fare con una bontà e una sincerità che sembrano costituire la verità intrinseca della cultura; invece, termini come “ordine” e “pulito” indicano ora tutto l’opposto: falsità e morte. Il libro nuovo come libro morto è un ossimoro curioso. L’oggetto pulito e ordinato assume il senso di un oggetto privo di vita, una scatola vuota. Non bisogna fare però l’errore di pensare che questo passaggio viscerale sia un attacco al nuovo o alla novità. L’atto della ricerca giocosa ha forse come scopo principe quello di scoprire nuovi libri, nuovi autori-autrici sconosciuti o dimenticati perché lontani dalle politiche delle maggiori forze editoriali. Quello che sta alla base di tutto il discorso è dunque l’idea che la novità culturale, la spinta verso orizzonti inediti e innovativi, si muove sempre dal basso, da metodi underground e sperimentali. D’altronde la bancarella offre un servizio mai ufficiale, mai di stato, in cui può ritrovarsi quello che non troveremmo in certe librerie “ufficiali”: è da quel tipo di esperienza libraria che si muove una lettura sperimentale, appassionata, di vera scoperta.