Dipinto di
Denise Montresor
Editing di
Andrea Ferraiuolo
Categoria
Ombre latenti
Data di pubblicazione
30 Marzo 2023
L’incontro
Acrilico su tela, 100x150cm (2021).
L’incontro avviene tra forme casuali, “segni liberi” – per dirla con Bacon – all’interno dell’immagine pittorica. Ma una dolce velatura addormenta definitivamente una nascente figurazione, dando la possibilità a quelle forme di rimanere nel loro stato embrionale, d’essere “soltanto” sensazioni. È come se non si avesse dato la possibilità alle figure di nascere e crescere; come se la tela, come farebbe una bambina, avesse giocato con le loro vite, scoprendo anzitutto della loro imminente nascita, ma lasciando che esse rimanessero esclusivamente imminenza. Al contempo l’autrice restituisce comunque una sensazione: l’estrazione di figure – o, per meglio dire, di segni – da un improbabile insieme di velature vuole suggerire qualcosa, c’è insomma un’allusione da parte sua, che tuttavia è a posteriori. Il fatto stesso che l’allusione provenga da Denise a posteriori, indica la natura istintiva e accidentale dell’opera; ed è chiaro fin da subito come si voglia qualificare quel gioco tipico del contemporaneo che è la visione inconscia delle forme, riconducibile – come lei stessa scrive – alla “concezione di una visione interna di chi osserva che è in stretto rapporto con la luce, la memoria e il tempo”. Ed è proprio il tempo un elemento principale dell’opera. L’incontro analizza come il tempo trasforma il segno libero: lo scioglie, lo appassisce, lo rende triste e malinconico, lo paralizza. E basta pensarci un istante per accorgersi dell’accidentale (anche qui!) analogia che si va creando. Due forme imminentemente si fonderanno, ma per un gioco del caso qualcuno ha voluto che queste non s’incontreranno mai, bloccate nel loro essere segni liberi, forme appena delineate. Il tempo ha paralizzato queste due figure e ha fatto sì che l’una dimenticasse la forma concreta dell’altra.
Vi è dunque una narrazione ne L’incontro, ed è una narrazione ricca di spunti, perché astratta, sintetica. In questa sintesi, il punctum – per dirla con l’autrice – quindi quel segno che trascina la fantasia, rimangono quelle ambigue strisce di colore attempate, emerse da numerosi strati così come emerge ciò che un tempo era rimosso. E può darsi che nell’osservare ossessivamente quest’opera, dal colore dannatamente malinconico e lontano, eppure così luminoso e aperto, emerga un ricordo affossato persino nella mente di chi osserva. D’altronde persino io, la prima volta che vidi quest’opera, pensai a un fiore e mi persi nella sua luce pallida.