Dipinti di
Sasha Toli
Editing di
Andrea Ferraiuolo
Categoria
Ombre latenti
Data di pubblicazione
27 Settembre 2023
Pensieri, parole, opere e omissioni
What are you doin’ stepbro?!?
2021–2022. Olio e marker su tela, 60x80 cm.
Li avete visti sulle rive del fiume
(Fredricksen impara a volare mentre Kappa diventa LickiLicky)
2022. Acrilico, olio e oilbar su tela, 80x120cm.
Per sentirti meglio (Pentecoste)
2022. Acrilico, olio, marker e spore su tela, 100x70cm.
Pensieri, parole, opere e omissioni
2022. Acrilico, olio, oilbar e marker su tela, 150x180cm.
Come s’è visto, quando l’abbiamo conosciuto con Paradisi psichedelici, uno dei principali obiettivi di Sasha Toli è quello di riaffrontare la psichedelia attraverso un percorso estetico nuovo, tramite le influenze di Bosh, dei fiamminghi e dei surrealisti, in dialogo con la cultura pop, in un’alienazione allucinata. Il contatto empirico con la natura è fondamentale: in entrambe le serie, Toli è in grado di restituire il rapporto di misure insito nella natura. Sono sempre presenti oggetti/esseri più grandi rispetto ad altri, infinitamente più minuscoli. Anche qui si gioca molto con il dettaglio (fiammingo) e con la stratificazione dello scenario. Il dettaglio è, per Toli, un modo per indagare la realtà, come se, nei momenti più opportuni, avesse davanti agli occhi un binocolo che gli permette di osservare quella specie di guardia-manichino sulla pianura piuttosto che la pokéball trascinata lungo il fiume. Ma togliendosi il binocolo dagli occhi, Toli è capace di inquadrare lo scenario intero, il campo lunghissimo di questa realtà raffigurata, mostrando necessariamente anche gli elementi più grandi. È anche per questa moltitudine di dettagli che si ha l’impressione di trovarsi all’interno di uno scenario nuovo, forse una mente, forse un gioco, in ogni caso di un grottesco simulacro dove però il reale sembra esistere per frammenti. A differenza della prima serie, però, ben più giocherellona, in Pensieri, parole, opere e omissioni, si evince un senso di giudizio, non necessariamente biblico, che proviene da chissaccosa. Non dall’autore – e forse sono pronto a dirlo perché lo conosco – quanto più da un qualche spirito che vive nell’opera. Se si pensa all’ultima opera della serie, che dà il nome a questa pubblicazione, e si osserva la mano austera e giudiziosa del cane re – forse una bestemmia o forse una bizzarra coincidenza – l’elemento più grande del dipinto, intento a (ri)mettere in ordine un caos dalle tinte giallognole, rappresenta (e conferma, allo stesso modo) questa sensazione di giudizio-dello-spirito. Insomma, a guardar bene queste quattro opere di Toli, si ha quasi l’impressione d’essere giudicati, o forse banalmente presi un po’ per il culo, da uno spirito che però all’interno di questi quadri esiste. Può essere un cane re, come un occhio stralunato, una nota marca di cacao solubile o le varie icone sacre sparse ovunque. Gli elementi giganti, come quelli minuscoli, che vanno a comporre il nuovo scenario, immenso, infinito, sono vivi, sia grazie al rapporto fra le misure che grazie alla loro capacità di giudizio; grazie, cioè, alla capacità di osservare e attrarre a un tempo lo sguardo del loro interlocutore.