Testo di
Olympia Maas
Fotografie di
Valentina Iacovelli
Editing di
Jacopo Abballe
Categoria
Corto-circuiti
Narrazioni rotte
Data di pubblicazione
4 Febbraio 2024
Academicon
«Ti aiuterò. Te lo giuro. Ti conosco appena, siamo solo colleghe, ma non ti lascio sola. Ne usciremo insieme»
«Se si sapesse in giro sarei rovinata»
«Saranno crudeli, spietati. Ti screditeranno, ti chiuderanno tutte le porte. Non ti resterà nulla, ma ci sarà chi invece ti ammirerà. Darai speranza. È la tua occasione. È la nostra occasione. Per tutte noi»
«Non mi importa di tutte noi. La mia carriera sarebbe rovinata»
«La tua dignità è più importante della tua carriera»
«La dignità è per chi se la può permettere»
«Un mondo diverso è possibile, e ti prometto che lo costruiremo insieme»
«È facile parlare per chi non ha niente da perdere»
«Esiste qualcuno che non ha niente da perdere?»
«Tu non hai niente da perdere. Tu dalla vita hai avuto tutto. Hai potuto scegliere la vita che volevi. E anche se la tua scelta è stata coraggiosa, avrai sempre una rete di protezione. Non tutti hanno questa fortuna»
«Pensi che non abbia niente da perdere?»
«Non del tutto. Non come ce l’ho io»
«Ne sei certa?»
«Tu hai una famiglia che ti ha sempre sostenuto e che ha potuto sostenerti anche economicamente nelle tue scelte di vita. Io questo privilegio non ce l’ho avuto, non ho avuto scelta»
«Questo è quello che vedi da fuori, e non starò a spiegartelo. Abbiamo sempre una scelta. Credere di essere la sola ad avere a qualcosa a cui rinunciare è una scappatoia»
«Non hai alcun diritto di giudicarmi. Ho lavorato tanto per ottenere quello che voglio, al prezzo di me stessa. Tu non puoi capire»
«Oh sì che capisco. Se non capissi ti dovrei lasciare a te stessa»
«Sono sempre stata lasciata a me stessa»
«Senti, sono qui ad aiutarti anche se qualcuno potrebbe dire che non te lo meriteresti. Ascoltarmi è il minimo che tu possa fare»
«Chi ti credi di essere?»
«Mi credo di essere una che è entrata qua dentro con le sue sole forze»
«Non sei migliore di nessuno. Ho dovuto assecondarlo, non mi ha lasciato scampo»
«No. Non hai dovuto. Lo hai voluto. Hai optato per la via più semplice, e non hai messo in conto le conseguenze»
«Ho provato a tirarmi indietro ma ormai era troppo tardi. Non mi ha fatta laureare non appena ho provato a uscirne. Credi che sia semplice?»
«Sì, credo che lo sia. E con questo non voglio dire che non penso che tu abbia davvero provato a sganciarti da lui. Ci credo. Sul serio. Ma vedi, gli alibi che ci inventiamo, per quanto persuasivi, restano alibi. Prima o poi dovrai farci i conti, a meno che tu non voglia continuare così. Alla fine le cose sono molto semplici. Abbiamo sempre una scelta, e tu hai scelto di assecondare il suo desiderio. Era sotto i tuoi occhi. Non fingerti spaesata, sei stata tu stessa a volerlo. Tu li vedevi benissimo i suoi sguardi, e ti eccitava l’idea di poter essere tu a esercitare un potere su di lui e non viceversa. Sapevi benissimo perché ti ha sempre spinta così avanti, anche calpestando persone che avrebbero più diritto ad essere dove sei tu»
«Se stai cercando di far leva sui sensi di colpa sappi che non attacca»
«Hai sempre saputo che la sua stima per te non era disinteressata. Abbiamo sempre una scelta, e tu hai scelto di essere un’arrivista»
«Come ti permetti? Sai cosa penso? Penso che tu sia solo invidiosa perché non ti ha voluta. Sei come me»
«La sua visione del personaggio della meretrix è molto curiosa. Verrebbe quasi da chiedersi se non dica qualcosa su di lei»
«Se avessi avuto l’occasione avresti fatto lo stesso»
«Forse l’unico modo per capire una troia è esserlo a propria volta»
«Tu non hai alcun rispetto per chi non può fare diversamente»
«Lo ha fatto anche con me. O almeno, ci ha provato. È quello che mi ha detto durante un ricevimento»
«E tu?»
«Può darsi – gli ho risposto – ma sa, essere troie non vuol dire esser ragazze facili. Troia ha resistito indisturbata ad assedi continui per anni, ed è impossibile da espugnare per chi la straordinarietà di Ulisse non ce l’ha»
«Non avrei mai la prontezza di una risposta così…»
«Perché credi che la vita ti abbia tolto qualcosa e ora vuoi a tutti i costi riconquistare quello che credi ti spetti. E se servono raccomandazioni va bene così, e sia. Il mondo è stato ingiusto con te e gliela farai pagare con ogni mezzo. Giusto?»
«Tu non sai niente»
«So che significa avere l’istinto a chiudere un occhio su chi sembra essere geniale ed esercita il suo fascino su di noi, che invece ci sentiamo una nullità. So che vuol dire essere lusingate dalle attenzioni di queste grandi menti, anche se ci mortificano. È un’umiliazione, per quanto sottile ed elegante, è pur sempre umiliazione. E tu devi vederla per quella che è: un’umiliazione»
«Chi sei per giudicare?»
«Non ti sto giudicando, ti sto aiutando. Ti voglio aiutare»
«Io ti ho fatto una confessione enorme, e tu giochi a fare la moralista sulla mia pelle»
«Hai giocato a un gioco che credevi di saper gestire, e ora le conseguenze della tua presunzione ti stanno mandando fuori di testa»
«Se si sapesse in giro la mia carriera sarebbe rovinata»
«La tua carriera è già rovinata. Tutti sanno benissimo che sei dove sei perché qualcuno ti ci ha voluto. Potrai dimostrare il tuo valore quanto ti pare, ma ormai sei marchiata»
«Non ho scampo. Bene»
«Sei in gamba, non hai bisogno di farti violare da nessuno, né di pestare i piedi agli altri. E non è solo che facendo così svilisci quelli a cui non è stato regalato niente. Svilisci te stessa»
«Sì, è tutto vero. Grazie. Ora lasciami in pace»
«Ma il caos non è solo un baratro. È un’opportunità. Sei ancora in tempo per riscattarti. Io posso aiutarti»
«Come? Come puoi? È tardi»
«La partita è ancora tutta da giocare»
«Puoi aiutarmi?»
«Sì, posso. Ma devi saperne il prezzo. Quanto sei disposta ad alzare la posta in gioco?»
«È un gioco?»
«No, non lo è»
***
«La aspettavo qui due ore fa»
«Scusi per il ritardo. Ho fatto il possibile»
«Certo»
«È la verità»
«Siete tutte uguali»
«Sono mortificata»
«Avrei potuto riceverne almeno tre prima di lei. Non se lo dimentichi»
«Non lo dimentico»
«Non se lo dimentichi»
«Le devo tutto. Non saprò mai come ringraziarla per quello che ha fatto per me»
«Scusami, non volevo essere duro. È che tu mi rendi vulnerabile, non sono abituato a sentirmi così»
«Lo dice a tutte»
«È insopportabile»
«Siamo tutte uguali ai suoi occhi. A me sta bene, mi accontento di quello che può darmi»
«Stai dicendo che non ti do abbastanza?»
«Al contrario. Sono io che non sono abbastanza»
«Non è così. Tu sei diversa, tu sei indifesa. E sei pura. È per questo che ho scelto te tra tutte»
«Quante altre ce ne sono?»
«Abbastanza perché tu possa sentirti gelosa. Ma ti prego, non esserlo. Non paragonarti a loro, io non lo faccio»
«Non sono gelosa. A me sta bene che ci siano altre»
«Sono proprio le donne emancipate come te le più fragili e manipolabili. Ci concedete ogni libertà perché convivere con l’idea di subire le convenzioni sociali come tutte quante vi uccide. Preferireste vederci soddisfare anche le voglie più indicibili pur di non ammettere a voi stesse di non esser poi così diverse»
«Io voglio che ce ne siano»
«Non puoi saperlo finché non accade»
«Accade già, e io lo so. Ma so anche che ogni volta che scopa un’altra è sempre a un passo dall’urlare il mio nome»
«Non dovresti parlarmi così qui. Qualcuno potrebbe origliare»
«Che origlino pure. Non è più un segreto, lo sanno già, e a me non importa»
«È estremamente narcisista quello che hai detto prima, lo sai sì?»
«Vero»
«E presuntuoso»
«Vero anche questo. Ma perché nascondersi? Non è vero che non mi credo abbastanza. So che quando è dentro di me mi appartiene completamente. E anche quando non ci sono, è sempre dalla morsa delle mie gambe che vorrebbe sentirsi stretto, per quanta fatica le costi ammetterlo»
«È per questo che ho scelto te. È per questo che non posso fare a meno di te. Tu mi ossessioni. Anche quando la più porca mi implora di soffocarla col mio cazzo, anche quando la costringo a ingoiare il mio sperma, anche se mi batte le mani sulle cosce per farmi smettere non è come con te. Non riesco a non pensare a quando sei tu a succhiarmelo»
«Non dovrebbe parlarmi così qui. Finché sono io a rischiare va bene, ma lei non può mettersi così a rischio per una come me»
«Lasciali dire quello che vogliono. Io ti desidero. Anzi, vorrei negarlo, eppure ti amo, e il tuo amore è la mia condanna»
«Se mi ama, allora perché mi costringe a questo?»
«Ah, ti costringo? Sei tu a chiedermelo. Lo hai sempre voluto. Sei stata tu a cercarlo»
«Non so se lo volevo. Ho agito senza pensarci»
«Sei così ingenuamente sfacciata. È la tua purezza a renderti così perversa»
«È stato inevitabile. Ma che io lo volessi o meno, dovevo trovarmi qui oggi»
«Rivedo in te lo stesso fuoco, quella stessa spinta autodistruttiva di quando ho iniziato. La stessa inconfessabile convinzione che quelli come noi, per quanto immoralmente possiamo agire, non ci macchieremo mai. La nostra purezza resiste anche nella più meschina delle azioni»
«Le più aberranti crudeltà sono state compiute in nome del bene»
«Hai ragione. Riesci a dirlo ad alta voce perché sai quanto sia giusto così. Per questo ti amo»
«Io sono pura. Lo siamo entrambi. Gli altri non possono capire come il nostro sia vero, disperato amore. Loro non sono in grado di vedere la bugia. La vera bugia»
«E quale sarebbe?»
«La bugia che sia o una cosa o l’altra. L’unico modo che ha il colibrì per rimanere del tutto immobile è sbattere le ali più velocemente di quanto il suo cuore possa reggere»
«Il mio cuore non riesce a reggere quello che provo per te»
«E allora scopami»
«Non darmi del tu»
«Scopami»
«Ricorda qual è il tuo posto»
«E tu il tuo. La mia fica ormai ha la forma del tuo cazzo. Nessun altro cazzo è in grado di riempirla in tutte le sue pieghe come il tuo»
«Lo vedi? Non ti sto costringendo a far nulla. Non accusarmi mai più»
«Non ti accuso. È la nudità a cui arrivo con te che mi spiazza. Non posso fare a meno di essere me stessa con te»
«È questo che sei? Una puttana arrivista raccomandata?»
«C’è un piacere liberatorio ad ammettere di godere nell’essere umiliati»
«Vuoi davvero che ti scopi?»
«È molto più che volerlo. Ho bisogno di te»
«Non mi hai sentito? Non ti permettere di darmi del tu»
«Scopami»
«Ti sbatterò fino a farti passare quell’aria di godimento trasognato che ti si legge in faccia»
«Il tuo goffo modo di umiliarmi è di una dolcezza infinita»
«Ti amo, troia di merda. Ti amo»
«Anche io ti amo, e non c’è niente che tu possa fare per evitarlo»
«Quelle come te le disprezzo. Aveste almeno la decenza di mostrarvi per quello che siete. Non sei pura, sei solo una fica sfondata che non ha altro da offrire»
«Puoi sfondarmi quanto vuoi, aprirmi il culo in due, soffocarmi, insultarmi, umiliarmi davanti a tutti, rovinarmi la carriera, ma io ti amerò comunque. Il mio amore è la tua condanna»
«Prendi quel libro e leggi dove c’è il segno»
«Solo a patto che tu mi distrugga sul serio»
«Essere distrutta è l’unica cosa che ti meriti»
«Nell’amorosa quiete delle tue braccia»
«È lì che nasce la mia angoscia. Sei tu che mi fai del male. Vorrei implorare il tuo perdono per quello che ti ho fatto e che ti sto per fare»
«Oltre all’accoppiamento, vi è quest’altro abbraccio, che è una stretta immobile: siamo ammaliati, stregati: siamo nel sonno, senza dormire»
«Non me lo merito»
«siamo nella voluttà infantile dell’addormentamento: è il momento delle storie raccontate, della voce che giunge a ipnotizzarmi, a straniarmi, è il ritorno alla madr… Ahia!»
«Chi ti ha detto di smettere? Stai soffrendo? Continua, stronza»
«Sei tenero»
«Porco dio se ti sfondo»
«Non ti credo. Non lo farai sul serio»
«Così la finirai di amarmi»
«Eros è un bambino col cazzo dritto, ed è quello che tu sei per me, ricordi?»
«Non ne hai il diritto. Non hai alcun diritto di amarmi»
«In questo incesto rinnovato, tutto rimane sospeso: il tempo, la legge, la proibizione: niente si esaurisce, niente si desidera: tutti i desideri sono aboliti perché sembrano essere definitivamente appagati»
«Ti toglierò di dosso quello sguardo innamorato del cazzo, lurida parassita»
«Sì, dolcemente. Insultami»
«Lasciami in pace. Liberami da tutto questo»
«Eppure, nel mezzo di questo abbraccio infantile, immancabilmente, la libido si fa sentire; viene a spezzare l’indistinta sensualità dell’abbraccio incestuoso; l’adulto si sovrappone al bambino e, a questo punto, io sono contemporaneamente due soggetti in uno: io voglio la maternità e la genitalità»
«Non hai alcun diritto di amarmi»
«Sto per venire. Vieni insieme a me, amore. Sborrami dentro. Siamo una cosa sola»
«Non voglio sborrarti dentro, voglio il tuo disprezzo, voglio la tua paura. Arriverai a odiare te stessa per non avermi fermato»
«Non moriremo sul serio»
«Chi ti ha detto di fermarti? Siamo solo all’inizio. Ti amo, troia di merda»
***
«“Love Hotel”»
«Già»
«Hotel dell’amore»
«Eh sì»
«Che originalità»
«Haha, hai ragione, è così insignificante quel che si fa qui. L’amore nel suo massimo squallore»
«Smettila, non ti sopporto quando fai così. Qual è la nostra stanza?»
«È la stanza degli Speleologi»
«Gli Speleologi? Mh, fammi indovinare. Sono uomini in grado di “mostrare alle donne profondità in loro che non immaginano nemmeno di avere”»
«Come sei inutilmente poetico certe volte»
«Sai qual è il tuo problema? Che ti credi fin troppo arguta»
«Haha, lo sono»
«Non ti sopporto quando fai così»
«Comunque sì, in un certo senso sì. Se vuoi metterla in questo modo. Su, apri»
«Sarebbero loro? Gli Speleologi?»
«Ottimo spirito di osservazione»
«Ti credi spiritosa?»
«Se tutto questo non fosse spiritoso non starebbe per accadere»
«Cosa sta per accadere?»
«Non è molto perspicace il suo amico, se posso»
«Chi è questo?»
«È a lei che lo chiedo. Io sto solo facendo il mio lavoro»
«È qui per te, amore, è qui per noi. Voglio darti tutto il piacere di cui sono capace»
«Non voglio parlargli. Sei mia. Non mi interessa se vuoi che ti veda mentre quattro energumeni ti scopano tutti insieme imbavagliata mentre piangi dal piacere»
«Io ti conosco molto più di così. Vuoi molto di più di questo. Ed è giusto che tu lo voglia»
«Voglio che cosa?»
«Sono qui per dartelo»
«Che dici?»
«Ma volevo che fossi con me, volevo che tu vedessi. Non lasciarmi sola»
«Ragazza, sei sicura di quello che stai facendo? Stai piangendo»
«Non sto piangendo. E comunque abbiamo un accordo»
«Non vogliamo responsabilità»
«Se aveste voluto assumervi responsabilità non fareste il lavoro che fate»
«Perché, che lavoro fanno gli Speleologi? Che cosa vuole da te questo tizio?»
«È vero, non farei il lavoro che faccio. Ma lavoro con tutt’altra gente. Mi sembra sbagliato. Non ce la faccio»
«Ehi, Speleologo, guardami. Sono qui, e lo voglio io. Baciami»
«Non ce la faccio»
«Almeno tu abbi la forza. È quello che voglio. Sul serio»
«Cos’è che vuoi? Spiegatemi che sta succedendo. Cos’è che vuoi? Perché io non lo voglio»
«Amore, so che lo vuoi, me l’hai detto tu»
«Non so di che parli»
«Qual è la cosa peggiore che mi hai detto?»
«Non voglio che ti stupri senza pietà. Non dicevo sul serio»
«Non è questa la peggiore»
«E qual è?»
«“Il tuo amore è la mia condanna”»
«È vero. Ti amo, non so dove vuoi arrivare…»
«È da quel momento che mi hai consegnato te stesso. Non importa quanto male tu mi faccia, avrò sempre la mia rivincita nell’amore che provo per te»
«… ma so per certo che non ti voglio seguire in qualunque sciocchezza tu abbia in mente»
«Ti ho chiesto di venirmi dentro, qualche tempo fa, ricordi? E l’hai fatto, e poi mi hai dato uno schiaffo. Uno solo. Un solo schiaffo in cui era concentrata tutta la tua disperazione. E poi mi hai stretta a te, mi hai preso per mano e mi hai sussurrato che non mi avresti lasciata sola»
«Vorrei non averlo fatto. Tutti quanti se ne sono accorti, anche dopo che ti sei assentata ti hanno chiesto che cosa avessi in faccia, e io sentivo benissimo i loro sguardi su di me, anche se nessuno ha mai osato levare la testa. Lo vedi? Amami. Abbi il coraggio di amarmi»
«Ti amo»
«Smettila»
«Non l’ho presa la pillola che mi hai dato. L’ho nascosta sotto la lingua e poi l’ho sputata»
«Sei una stupida»
«Ti chiedo scusa, ho sperato per un attimo in una vita diversa, libera da ogni ambizione, straordinariamente anonima, disastrata ma autentica. Solo io e te. Perché non possiamo essere belli come quando siamo solo io e te?»
«Non siamo belli. Tu sei una troia arrivista e famelica, e io sono il vecchio uomo di potere meschino che ti ha fatto non solo scoprire questo tuo lato, ma che ti ha insegnato ad amarlo»
«Siamo schifosi, hai ragione, ed è proprio per questo che siamo umani»
«Direi che può bastare. Non siamo pagati abbastanza per ascoltare certe pietosità»
«Hai ragione, Speleologo. Procediamo»
«Si sdrai»
«Che fai?»
«Ti amo»
«Che cazzo sta facendo? Posa quella cazzo di stampella tu, pezzo di merda!»
«Non te lo meriti di mettere a repentaglio la tua posizione per una come me»
«Zitta. Piantala»
«Gli affari sono affari, amico. Seguiamo un’etica, noi. Non prendiamo soldi da qualcuno senza dargli ciò che ha chiesto»
«Schizzato del cazzo, posa quella cazzo di stampella»
«Portatelo via. Mi dispiace signorina, se vogliamo procedere il suo amico non può restare»
«Non moriremo sul serio»
Academicon è un’opera apparentemente ridotta all’essenziale, in cui la plasticità della prosa è rifiutata in favore di una supremazia del dialogo. Gli ambienti sono quindi appena suggeriti, le azioni le possiamo giusto immaginare, ma in un certo senso è anche tutto in superficie, visibile, tangibile. Nelle labbra di questi personaggi senza nome né volto, le battute vengono enunciate ora con straordinaria lucidità, ora con incredibile impotenza, in un continuo botta e risposta che delinea una rapida discesa negli inferi. I tre atti che scandiscono la narrazione, come gironi danteschi, separano e mettono in risalto tre momenti di espiazione e sofferenza (ma senza mai slegare il dolore, e soprattutto l’umiliazione della protagonista dal piacere sessuale). È soprattutto in questo amalgama indissolubile tra amore e violenza che si ritrova l’originalità, nonché l’intrinseca bellezza di una storia che rifiuta i facili cliché sull’abuso in ambito accademico per spingersi in un territorio più complesso e sfumato. Il dramma di questa dottoranda non ha la forma di una semplice critica all’università italiana, ma quella di un viaggio lacerante e perverso nella condizione umana.