Fotografie di
Jessica Mariani
Editing di
Andrea Ferraiuolo
Categoria
Ombre latenti
Data di pubblicazione
6 Marzo 2024
Gender Queen
Tra i “capisaldi teorici” di Limen Pastiche – lo suggerisce il nome stesso – c’è sempre stata la parola “fluidità”. Fluido è un corpo mobile, che si autodefinisce in base al suo contenitore. È qualcosa che la sua essenza dichiara instabilità, mutevolezza, incoerenza e antilinearità. Il queer è, d’altra parte, anche questo: rifiuta la naturalità per abbracciare la naturalezza; rifiuta l’imposizione sociale dell’identità per abbracciare l’autoidentificazione. La naturalezza del queer si basa sulla riappropriazione anzitutto del termine stesso (dall’inglese, “eccentrico”, “insolito”), e per di più sul capovolgimento del significato di normalità come concetto a‑normale.
La ricerca fotografica di Jessica Mariani parte proprio da questo presupposto. Fin nell’immediato, le fotografie ci appaiono con una naturalezza contraddistinta dalla gioiosità dei soggetti, dalla danza, dai loro sguardi sinceri e desiderosi di un dialogo con l’obiettivo, con la fotografa, con noi che osserviamo. L’autrice risulta, in questo senso, una sorta di mediatrice tra noi e una realtà di vera e propria rottura con i canoni cristiano-borghesi. Questo primo movimento finisce per unire le due realtà, le mette in dialogo fra loro e, nel caso in cui la realtà fotografata entri in dialogo con quella cristiano-borghese, sarebbe capace di creare persino un cortocircuito.
Ma il movimento insito nelle opere non è solo quello della danza o della fotocamera; è anche quello del trucco, della gioia, è la fluidità stessa. Mariani ne fa un ritratto in bianco e nero, stilisticamente nemmeno troppo pretenzioso o coraggioso: le immagini seguono di fatto l’andamento dei suoi soggetti, dritte e frontali o mosse e oblique; ricordano le fotografie delle subculture, o se vogliamo il reportage e la street photography. Quello che ci viene mostrato sono gli accessori, i trucchi, le acconciature, i caratteri grotteschi o teatrali, quelli più seri e riservati, la rabbia e l’aspirazione di una generazione, la stanchezza e la monumentalità (appassita) di un’altra. Mariani rappresenta le forze dei movimenti che attraversano queste diversità, certe foto appaiono più statiche, certe più dinamiche, ottenendo un ritratto del “movimento queer”.
Per questo le due tipologie di scatti vengono intrecciate: la loro diversità è rafforzata nella loro unione. Il ritratto è estetica, è muta statuarietà, eternità, eleganza e finezza. Il movimento è invece una “forza”, è politico, è rivolta, è, appunto, capovolgimento e riappropriazione di concetti e valori. Ed entrambi i caratteri contraddistinguono il queer.
Gender Queen è dunque la ricerca di una staticità nel dinamismo e del dinamismo nella staticità. È la dichiarazione di un movimento eterno, di una realtà che non nasce oggi, che è sempre stata naturale e che ha la sua “regina” in tuttə coloro che vogliono esserlo.